martedì 19 luglio 2016

... no fear


Niente paura...
Era una canzone del Liga, tra l'altro anche molto bella...

Non aver paura di andare piano.

In questo periodo storico, in questa epoca, se non corri non sei nel giro. La fretta, lo stress... Iniziare la tua giornata il prima possibile e finirla il più tardi possibile.
Ore scandite dall'orologio, che a volte sembra così lento, così veloce... Il tempo vola quando ti diverti, il tempo non passa mai quando ti annoi. Puoi misurarlo, non quanto vada forte o piano ovviamente, però puoi sapere quante ore sono passate.
Tante, poche, troppe... Un sacco, ore perse e ore vendute.
Vendute al miglior offerente, o al più, vendute a chi sente diritto di dargli un prezzo per i tuoi servigi. Fosse solo spaccare le pietre, tagliare il ferro, scrivere al computer o servire ai tavoli. Verniciare automobili, programmare videogame, fare lo spazzino o vendere gioielli. Tempo, ore, soldi.
Devi essere simpatico, devi essere grato, devi tornare a casa pensando di esserti guadagnato la giornata, di aver fatto il tuo dovere. Devi farlo bene, devi farlo in fretta, devi rendere. Quelle ore che per tutti durano gli stessi identici minuti, per te devono durare di più. Essere più produttive.
E se andassi più piano? Più lento... Rendere meno... Produrre meno... La paga per i miei minuti è identica, non è a cottimo... Come la mettiamo?
Mi faranno credere che non ho svolto il mio dovere in modo adeguato? Che ho battuto la fiacca? Che fuori dalla porta c'è una fila di persone che implorano un posto di lavoro? Che senza lavoro non paghi le bollette e non hai cibo?
È la guerra dei poveri questa?

Abbi paura di restare fermo.

Se non avessimo un lavoro, dovremmo aver paura? Tralasciamo per un attimo la questione dei soldi... Tutto ad un tratto abbiamo la giornata libera, completamente, da riempire come vogliamo.
Sembra il paradiso... e per molti no. Per molti si tratterebbe di un incubo, dell'incapacità di impiegare il proprio tempo per essere produttivi, di essere inutili. Di non valere nulla.
Non è forse il proprio lavoro a rappresentare una persona? Un lavoro che vale un sacco di soldi, un lavoro che gli rovina le mani, un lavoro che non lo lascia dormire o che lo restituisce a fine giornata senza un briciolo di energia.
Un lavoro che è come una sanguisuga. Ti prosciuga, un milione di sanguisughe che desiderano abbeverarsi dal tuo corpo. Fino all'ultima goccia.
Puoi rendergli difficile la cosa, puoi farti il sangue amaro e renderlo meno appetibile, ma questo verrà succhiato fino alla cazzutissima ultima dannata goccia.

Le passioni.

Noi, figli di questa era di mezzo, siamo rimasti a secco... Non abbiamo direzione nè sentimento, ragione o cultura, siamo sprovvisti anche di quelle popolarità ignoranti che hanno segnato i decenni passati. Tutto basa sul consumismo, sull'apparire, sull'essere al proprio meglio e mostrarsi belli come celebrità. Sull'ultimo cellulare, sull'ultima app, sull'ultimo scandalo o l'ultimo rigore, sugli europei venerati e sul fantoccio terroristico. Sulla paura dello straniero, sulla nostalgia per fascisti e comunisti, per cristiani e atei, una continua divisione.

Un divide et impera. Figli ignoranti, noi che non conosciamo la storia e la ripercorriamo identica a secoli e millenni fà.
Il male di vivere.
Il male di vedere cosa ti vive intorno.

Chi ha paura ad andare piano? E poi... non è forse fermandoci che possiamo capire dove andiamo? Ma sopratutto... da dove stiamo arrivando?

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